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di Fulvio Montauti
Sin dal periodo più buio della preistoria, per gli abitanti sud occidentali
dell'Elba, il granito e stato, l'elemento caratterizzante della loro cultura
ed anche, nel corso successivo dei secoli, importante fonte economica. Buona
parte degli utensili dei primi abitatori della nostra zona, rozzi raschiatoi
per le pelli, pistelli per i mortai, macine di vecchissimi mulini rinvenuti
intorno al Capanne erano di tale pietra come lo erano i monoliti sacri dei
Sassi Ritti, del monte Cenno e del monte Tambone.
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Le antiche tombe villanoviane della Piana La Sughera erano formate da rozzi
muretti a secco interrati e ricoperti da sottili lastre di granito e le
fortezze di altura, prima etrusche e poi romane delle Mura, Castiglione di
Campo e monte Castello sono formate da enormi blocchi della pietra suddetta.
Ma è con il periodo romano che se ne ha un vero e proprio sfruttamento
commerciale. Colonne della nostra pietra fanno bella mostra di se in
importanti edifici romani quali il Pantheon ed il Colosseo, nelle due
antiche basiliche paleocristiane di San Giovanni in Laterano, e San Paolo
fuori le mura, probabilmente esse facevano parte di altri edifici pagani e
riutilizzate successivarnente come materiall di recupero.
Interessante era il sistema di caricamento delle colonne sulle navi da
trasporto : venivano scavati dei fossati sulle spiaggie vicino ai luoghi di
lavorazione, vi si facevano entrare le navi e le colonne si caricavano
lateralmente senza doverle sollevare.
Questi flussi commerciali durarono sino alla fine dell'impero romano
d'occidente, infatti anche per la nostra isola dal V secolo sino al IX
inizia un periodo di decadenza dovuto alle invasioni barbariche. Nonostante
ciò, sembra che in questo periodo siano stati costruiti, con un unico
monolite di circa 6 metri di diametro il tetto della tomba di Teodorico a
Ravenna e le 18 colonne che si trovano nella cappella Palatina di Aquisgrana.
Dall' XI al XV secolo, durante la denominazione pisana vi fù una grande
ripresa commerciale della lavorazione del granito. Nel 1047 Pabate Bono dice
che partirono da Seccheto per Pisa molte colonne e che alcune di esse sono
in San Michele in Borgo. Ughelli afferma in "Annalium de rebus pisanorum ab
anno 947 ad annum 1170", che furono costruite 3 colonne di granito elbano
per l'opera della chiesa di San Giovanni in Pisa e che vi furono trasportate
da Cionetto Cionetti e Arrigo Lancellotti.
Nel 1587 si ha notizia di una commessa di 4 colonne per una spesa di 520
scudi per il duomo di Pisa. È certo che Pietro Tacca abbia visionato le
nostre cave alla ricerca della pietra giusta per la costruzione delle famose
tazze (vasche) per il giardino di Boboli a Firenza. Probabilmente è a questa
epoca che va collocata la costruzione rimasta incompiuta, di una vasca a
foggia di nave romana da altri indicato, a nostro modesto avviso
erroneamente come manufatto di epoca romana . Nel 1765 , il manoseritto
Benassi , conservato nell ' archivio segreto del Vatieano , ci dä notizia di
notevoli quantità di manufatti di granito inviati a Caserta per la erigenda
reggia, opera del Vanvitelli.
Nella seconda metà del 1800, due fratelli fiorentini, Iacopo e Paolo
Toscanelli iniziarono lo sfruttamento quasi industriale delle nostre cave.
Con l'unità d'Italia importanti furono le realizzazioni di strade, piazze,
monumenti e porti ed il ciglio, lastricati, basamenti per monumenti della
nostra pietra furono richiestissimi.
Dagli inizi del '900 sino alla prima guerra mondiale, una famiglia tedesca
gli Zimmer, continuarono nello sfruttamento industriale. Nel 1922 subentrò
la Soc. SAGE di Firenze che attuò una vera e propria rivoluzione nella
lavorazione, modernizzando le cave, installando compressori con martelli
pneumatici, ferrovie con vagoncini, il tutto alimentato addirittura da una
centrale idroelettrica. Fù costruito a Cavoli un pontile dove potevano
essere caricati motovelieri con stazza sino a 10.000 tonnellate.
La SAGE arrivò ad occupare fino a 300 operai. Nel 1938 a causa di grosse
difficoltà finanziarie fu assorbità dall'I.R.l. Intorno, agli amü '30 era
nata anche un'impresa locale, - la Italo Bontempelli - che nel corso degli
anni arrivò a gestire anche cave in Sardegna, esattamente a Palau. Da parte
di questa impresa furono eseguiti molti lavori nel quartiere EUR a Roma.
Nel 1937 una decina di scalpellini di San Piero costituirono una cooperativa
- la Filippe Corridoni -. Da essa furono realizzati lavori nella stazione
Santa Maria Novella e nello stadio Campo di Marte a Firenze. Anche oggi è
un'importante realtà imprenditoriale del nostro territorio ed ha per il
futuro ottime prospettive di successo fermo restando il fatto che i nostri
scalpellini continuino a realizzare i loro prodotti con la perizia e la
professionalità che li ha caratterizzati nel passato.
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